Giorno dopo giorno è il progetto per raccontare Peccioli, il borgo Bandiera Arancione del Pisano che in questi anni ha visto portare avanti, anche con il sostegno e la collaborazione del Touring Club Italiano, molte iniziative riguardanti lo sviluppo turistico sostenibile. Nell'estate 2025 i 4600 abitanti di Peccioli sono stati chiamati a dare il loro punto di vista sul borgo, raccontando la loro esperienza, aneddoti sulle tradizioni e sulla quotidianità, momenti memorabili, stranezze, episodi che li legano al territorio e alle sue peculiarità. In questa pagina la presentazione del progetto e l'indice delle storie raccolte; a seguire il racconto di un componente della famiglia Ferretti.

Com'è composta la tua famiglia?

La prima figlia, Linda, è nata nel 1916. È morta nel 1950, perché fu operata, bene, di colecisti a Livorno. Aveva 34 anni e ha lasciato due bimbe, una di dieci anni e una di 18 mesi. Era mia sorella.

Poi si parte col secondo fratello: Ferretti Luigi, nel 1939, al tempo del fascismo. Fece la marcia della gioventù, partivano da Padova per andare a imbarcarsi a Napoli, diretti a combattere in Africa. Purtroppo non aveva ancora l’età. Il mio babbo dovette firmare per farlo partire. Una mia zia, quando è morto, disse: "La colpa è tutta tua". Perché l’hai firmato per mandarlo in Africa? Questi ragazzi che andarono in Africa… abbiamo anche fatto i quaderni. Nel frontespizio dei quaderni, c’era questo motto della gioventù. Dopo tre anni di battaglia, ci fu la resa dell’esercito italiano, il 13 maggio 1943, in Tunisia. Quel fratello ebbe la sfortuna di pestare una mina.

Una sorella morta nella strage di Bologna. Un fratello sordomuto, che veniva preso in giro. Ferretti per difenderlo faceva a botte con tutti, è morto giovane per un tumore osseo.

Cosa ti ricordi della tua infanzia?

Era la vita dei ragazzi di quei tempi. Si giocava fra noi, si giocava a giochi semplici. Rimpiattino, buchetta... si giocava con una pallina, si facevano cinque buche, oppure si giocava a trottola. Le trottole… ma le facevate voi? Il mio nonno le vendeva! Era un artigiano di Pontedera. Ci andavo lì a comprarle. Si giocava tanto con quelle.

Qui c’era solo le elementari, all’epoca. Non c’era l’avviamento, non c’era niente. Le medie sono venute dopo la guerra, quando fecero il Palazzo delle medie. Ora fanno il villaggio scolastico. Sono andato pochi anni a scuola… perché mi hanno bocciato. Mi misero in una classe con ragazzi più grandi di due o tre anni, perché erano stati bocciati. La maestra… insomma. Non studiavo… e mi rimase male, perché i miei coetanei mi passarono avanti.

E poi, crescendo?

Poi, crescendo, i giochi da ragazzi. Con la bicicletta, o con la Vespa. A Pontedera, ci andavamo in bici – erano 18 km. Più che altro d’estate, d’inverno si andava col pullman: la Sita, la famosa Sita. C’è ancora nella zona di Siena. Eh… si stava con qualche ragazzina, si parlava. La più grande faceva queste… insomma… ragazze. Eh… che si dava noia a queste ragazze! Alcune ci stavano, altre no.

Ballavi?

Io no… insomma, non ero buono a ballare. Però quando si ballava, si sentiva a stringere… Hai capito, no? Un abbraccio interessato… Le feste si facevano in casa, col giradischi. In questi posti, tanti si fidanzavano, poi si sposavano.

Anche tu hai conosciuto tua moglie così?

No, io no. Ho conosciuto Mirella quando facevo il falegname in fondo alla via della pasticceria e lei portava il latte. Stava a Montecchio. Lo portava con la bicicletta, da Montecchio fino a qui. Lo portava alla batteria. E lì cominciai a conoscerla. Si fermava. Quando per esempio usciva dalla messa, c’erano questi ragazzi – più che altro contadini – che le fermavano: "Guarda, io sarei… se vuoi fidanzarti con me…"
Lei parcheggiava la bicicletta lì, da uno che accumulava biciclette. Io andavo dietro… insomma, dicevo che mi piaceva. Le prime volte niente… poi piano piano, ci siamo accordati. Ci siamo fidanzati, e poi abbiamo parlato coi suoi genitori. Quando ci siamo sposati lei aveva vent'anni, io 24.

Come è andato il tuo lavoro da pasticciere?

S’è guadagnato talmente tanti soldi, ma tanti. Perché se io lavoravo bene avevo tanti clienti. L’apprendistato a Livorno da grandi pasticcieri, la richiesta del prestito, l’avvio della bottega... A volte si dormiva sui pancali. si dormiva. Tante volte ci si faceva anche l'amore. Lavoravamo tanto insieme, ricordo le domeniche delle comunioni con centinaia di paste sfornate.

E poi?

E poi a un certo punto hanno iniziato a venire persone da tutto il mondo, dopo che il Comune ha fatto tutti questi lavori.